CONTEMPLAZIONE
DELLA MORTE.


GABRIELE D'ANNUNZIO

CONTEMPLAZIONE
DELLA MORTE

FRATELLI TREVES EDITORI
MILANO • MCMXII

Seconda Edizione (4.º a 7.º migliaio).


Proprietà letteraria.Riservati tutti i diritti.

Copyright by Fratelli Treves, 1912.

Tip. Treves.


[v]

MESSAGGIO.

[vii]

A MARIO PELOSINI DI PISA.

Mio giovine amico, per quella fogliadi lauro che mi coglieste su la frescatomba di Barga pensando al mio lontanodolore, io vi mando questo libellodalla Landa oceanica dove tante voltea sera il mio ricordo e il mio desideriocercarono una simiglianza del paesedi sabbia e di ragia disteso lungoil mar pisano.

Ben so come profondamente nel vostropetto fedele voi custodiate la lucedell'ora in cui per la prima volta, sconosciutoe atteso, varcaste la sogliadella casa ch'io m'ebbi un tempo allafoce dell'Arno tra i ginepri arsicci ele baglie marine. Eravate quasi fanciullo,[viii]generosus puer, ebro di poesia,tremante di riconoscenza e d'amore;e la divina virtù dell'entusiasmo ardevain voi così candidamente ch'iomi credetti riveder me stesso giovinettonell'atto di accostarmi a un puro spirito,ora esulato dalla terra, che moltoamai e molto ascoltai. La casa eratanto prossima al frangente che dallafinestra non si vedeva se non il flutto,come da un'alta prora. E mi piacqueche intorno a quel nostro primo dialogonon paresse stagnare la quietedomestica ma spirare quasi la libertàd'una navigazione avventurosa. Anchoraspraecide. Credo che tal fosse ilmio primo insegnamento. E ci accomiatammo,secondo il costume di coloroche non si riposano su alcunacertezza o promessa, come se non dovessimorivederci più mai.

Di lontano, non ebbi da voi se nonsobrie testimonianze d'un amore semprepiù forte e d'una fede sempre più[ix]tenace. Cosicché, pensando al pratosublime che sta tra il Camposanto eil Battistero o alla funebre spiaggiatra il Serchio e l'Arno, posso senzadiscordanza pensare a voi predilettotra i pochissimi che sanno amarmicome solo voglio essere amato.

Ecco che riprendo in queste pagineuna contemplazione già iniziata nellasolitudine di quel Gombo ove vidi inuna sera di luglio approdare il corponaufrago del Poeta che s'elesse Antigonee vegliai la salma colcata a fiancodella vergine regia, tra l'uno e l'altrasorgendo il fiore «inespugnabile» nomatopancrazio.

Poi che non val la possa

della Vita a comprendere tanta

bellezza, ecco la Morte

che braccia più vaste possiede

e silenzii più intenti

e rapidità più sicura;

ecco la Morte, e l'Arte

che è la sua sorella eternale...

[x]

Ma, di qua d'Arno, nella selva spessache va sino al Calambrone, in un meriggiodello stesso luglio, portai il pensierodella fine su i miei piedi nudicome una fiera porta la sua fame o lasua vigilanza. Il demone del rischiomi aveva detto: «Va e gioisci. Bevitile musiche degli ucce

...

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