FELICE CAVALLOTTI
LA
Sposa di Mènecle
COMEDIA
IN UN PROLOGO E TRE ATTI
CON NOTE
IN ROMA
Presso Forzani e C., tipografi del Senato
EDITORI
1882
PROPRIETÀ LETTERARIA
DEGLI EDITORI-TIPOGRAFI FORZANI E C.
[vii]
Una delle arringhe giudiziarie, a noi pervenute,di Iseo (l'oratore ateniese chefiorì sui principî del IV secolo avantil'era volgare e fu maestro a Demostene), arringaintitolata: Della eredità di Mènecle, tratta di un casogiuridico che suggerì in germe la idea della presentecommedia e il nome del suo protagonista.Ed è curioso che dei tanti grecisti i quali si sondegnati di farmi, nelle appendici critiche, la lezionesulla commedia mia, sentenziando non verosimileil caso, nessuno abbia mostrato tampoco di conoscereil buon vecchio oratore Iseo almeno divista. Mi sbaglio: l'uno di essi, più grecista deglialtri, sentendo proferito nella commedia quelnome, mi rimproverò di avere alluso al discorsodi Iseo dell'onorevole Zanardelli, e mi ammonìpaternamente che queste allusioni non sono roba[viii]di sapor greco! Passiamo oltre... e veniamo alpiato giudiziario che dovette decidersi a queitempi davanti ai giudici cittadini ateniesi.
Un giovine orfano adottato per figlio da certoMènecle, al quale avea dato la propria sorellain isposa, e divenuto, alla morte di Mènecle,erede di lui, si vede contesa la eredità da unfratello del defunto: il quale afferma in tribunalel'adozione non essere stata legittima, ma carpitaal vecchio, già imbecillito dall'età, per mezzodi sua moglie, sorella all'adottato. Iseo scrivel'arringa in favor di quest'ultimo e sostiene legittimala adozione e la eredità, difendendo ilgiovine dall'accusa. Era questa poi falsa? Eravera? V'ha chi inclina a quest'ultima ipotesi:e scorger vorrebbe nell'arringa di Iseo la periziadi un avvocato abilissimo messa a servizio didue giovani imbroglioni, sfruttanti la imbecillitàsenile di Mènecle. A me la ipotesi pare moltoavventata; dato che le cose stessero a quel modo,bisognerebbe ammettere che causa cattiva di radofu difesa con migliori e più commoventi argomenti.Checchè ne sia, ecco i fatti, quali l'accusato,nell'arringa che da Iseo per lui fu scritta,innanzi ai giudici li espone: giusta la legge cheagli accusati prescriveva di perorare la propriacausa in persona:
Due vecchi ateniesi, Epònimo del borgo di[ix]Acarne e Mènecle, erano uniti da intima amicizia.Il primo morì lasciando quattro figli, duemaschi (di cui l'uno è l'accusato) e due femmine.La maggiore fu maritata dai fratelli a certo Leucolofo.Quattr'anni dopo, quando la minore eragià in età da marito, al vecchio e ricco Mèneclemorì la prima moglie: ed egli andò dai due figlidi Epònimo a chiedere in seconde nozze la lorsorella, in memoria dell'amicizia antica che lolegava al loro padre defunto. I due fratelli, inreverenza della memoria del genitore e pensandointerpretarne il voto, di gran cuore gliel'accordarono.Ed ora lasciamo all'accusato laparola:
«Così collocate entrambe le sorelle, io e miofratello, essendo giovani, ci demmo alla miliziae partimmo per la Tracia