[1]

NOTE DEL TRASCRITTORE:


—Corretti gli ovvii errori tipografici e di punteggiatura.

—Alle pagine 441-442 l'intestazione di sezione XLVIII risulta mancante nell'originale. Tale anomalia è stata mantenuta.

—La copertina è stata creata dal trascrittore e posta in pubblico dominio.

CANTI E PROSE

DI

G. REGALDI


VOL. II.


TORINO
TIPOGRAFIA SCOLASTICA DI SEBASTIANO FRANCO E FIGLI
1861


[289]

LA DORA

[290]
[291]

ALLA MEMORIA

DI

TERESA GEORGE CIBRARIO[i]


Anima bella, che dal buio uscita
Della mortal vallea, drizzasti il volo
Agli splendor della seconda vita;

O Teresa gentil, vedovo e solo
Quaggiù l'Eletto che ti fu consorte,
Si lagna a te per insanabil duolo.

Ed io compunto dell'acerba sorte,
Fa cor, gli dissi, e contra i mille strali
Della fortuna opponi anima forte.

Tu che del tempo l'ira invitto assali,
Erodoto novel, ne' dotti studi
Ti riconforta de' sofferti mali.

[292]A te conviensi disfidar de' crudi
Eventi le procelle, a te fia gloria
Sdegnar del mondo i miseri tripudi.

Tu che dell'egra patria alla memoria
Porgesti, quasi farmaco sicuro,
L'augusto onor della sabauda istoria,

Torna a svegliar de' secoli che furo
I magnanimi gesti, e nuova lena
N'avrà d'Italia il fato alfin maturo.

Vieni meco a spirar l'aura serena
Fra i pioppi della Dora, e fanne aperti
I patrii fasti onde la mente hai piena;

E i campi, dove più sembran deserti,
Di tua scïenza popolati al lume,
Mi narreran del secol prisco i merti;

Sì che levato oltre il volgar costume
Ad ardua meta, di te degno io sia,
Mentre a te vo sacrando il mio volume.

«Dolce amico, ei sclamò, l'opera pia
Del tuo volume, deh! sacrar ti piaccia
Alla memoria della donna mia.

Ella che fida alla paterna traccia,
Amò gli eroi Sabaudi, e disdegnosa
Fremea dello straniero alla minaccia,

[293]Ed ora innanzi a Dio canta festosa
Questo bel regno ausonico nel verso
Che a noi pingeva ogni diletta cosa;

Ella di nostre lagrime cosperso
Avrà in grado il tuo libro, ed io n'avrei
Per te conforto, io che fra cure immerso,

Sempre ho l'imagin sua negli occhi miei».
E sì dicendo per la man mi prese,
E mi addusse alla stanza, ove tu sei

Effigïata sì che fai palese[ii]
La nobil'alma nel gentil sembiante,
In che l'amico mio tanto s'accese.

...

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