«Placet, si vis Domine»
— Dormite? — ella domandò, piano, entrando sottol'arco della tenda che l'avviluppava in sè come un mantellod'antico e fosco velluto. Avevo inteso il rumore de'suoi passi nell'altra stanza, il fruscìo della sua gonna sultappeto, ma fingevo di sonnecchiare davanti al caminetto,con un libro aperto su le ginocchia.
— Dormite? — ella ripetè, avvicinandosi e protendendoil capo, quasi per meglio discernermi nella semioscuritàdella stanza.
— No, stavo pensando, — le risposi con una voce rapida,che a mio malgrado tradiva l'impazienza di averlacosì a lungo attesa.
Bella e ridente nella luce irrequieta della fiamma:
— Ebbene — domandò — non mi dite nulla? non misalutate neppure?
— Vi aspettavo per le quattro e mezzo; ora sono lesei... Veramente mi pare un po' tardi!
— Allora me ne torno via... — E fece ridendo l'atto divolgersi; poi soggiunse:
— Dunque, siete sempre in collera?
— Con voi non mi riesce! Solo, durante le attese, medito,e quando medito mi assale a poco a poco l'esasperazione.
— Già, voi avete un carattere bizzarro! Ascoltatemi:ora vi spiegherò.
— A che serve? Mi sarebbe così difficile credervi!
— Ed avreste torto, — ella rispose tranquillamente. — Sevolessi mentirvi, saprei anche mentirvi bene.
— Oh... davvero?
— Forse ne dubitate? Noi donne ci confondiamo piùfacilmente nel dire la verità.
— Quand'è così, — feci — spiegatevi pure.
— Permettete che mi sieda? — ella domandò in tonodi celia.
— Ve ne prego.
— E che mi tolga la pelliccia? i guanti? il cappello?
— Ve ne prego, — ripetei con la stessa urbanità.
— E che vi chieda un bacio? un baci