STORIA
DEI MUSULMANI
DI SICILIA.


Proprietà letteraria.


STORIA
DEI
MUSULMANI
DI SICILIA

SCRITTA

DA MICHELE AMARI.


VOLUME SECONDO.

FIRENZE.
FELICE LE MONNIER.

1858.

[1]

LIBRO TERZO.

CAPITOLO I.

Al contrario della stanca società bizantina chesgombrava di Sicilia, la musulmana che le sottentrò,portava in seno elementi di attività, progresso e discordia.Nel primo Libro, toccammo gli ordini generalidei Musulmani, e come si assettarono in Affrica.Or occorre divisare più distintamente alquanti capitolidi lor dritto pubblico, e l'applicazione che sortironoappo la colonia siciliana.

Farem principio dal reggimento politico. Il dispotismoche prevalse con la dinastia omeîade, e siaggravò con l'abbassida, non era bastato ad opprimerele due aristocrazie, gentilizia e religiosa, tantoche non prendessero parte, secondo lor potere, allacosa pubblica. Fecerlo in due modi; cioè con la interpretazionedottrinale della legge, e con lo smembramentodello impero: a che si è accennato, trattandodell'Affrica.[1] Secondo le teorie distillate per man deidottori,[2] dagli eterogenei elementi della legge musulmana,[2]lo impero, era ormai, in dritto e in fatto,debole federazione di Stati, impropriamente chiamatiprovince. Troviamo in Mawerdi, egregio pubblicistadel decimo secolo, doversi tenere lo emir di provinciacome delegato della repubblica musulmana, nondel califo.[3] Ei veramente esercitava tutta l'autoritàsovrana, fuorchè la interpretazione decisiva dei dommi.[4]Allo emir di provincia era dato:

Ordinare lo esercito, distribuire le forze nei luoghiopportuni, e fissare gli stipendii militari, quandonon lo avesse già fatto il califo;

Vegliare all'amministrazione della giustizia edeleggere i câdi e gli hâkem, magistrati simili al câdinelle città minori;

Riscuotere tutte le entrate pubbliche, pagarchi di dritto su quelle, ed eleggerne gli amministratori;

Difendere la religione e la società;

Applicare le pene ad alcuni misfatti, nei limitiche appresso si descriveranno;

Presedere alle preghiere pubbliche, in personao per delegati;

[3]Avviare e sovvenire i pellegrini della Mecca;

E, se la provincia stesse in su i confini, far laguerra ai vicini infedeli, scompartire il bottino aicombattenti e serbarne la quinta a chi appartenesse.[5]

Il popolo, dunque, di una parte del territorio musulmanocostituita in provincia e governata da un emiro,non riconosceva il califo nè come legislatore nècom'esecutor della legge; non vedeva altra autoritàche dello emiro; e costui, alla sua volta, non era tenutoubbidire che alla legge ed alla propria coscienza;nè dovea rispettare il fatto del principe, fuorchè nelcaso degli stipendii militari già determinati da esso.Il principe elegg

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