ELEGÌE ROMANE


GABRIELE D'ANNUNZIO

ELEGÌE ROMANE

[1887-1891]

BOLOGNA
DITTA NICOLA ZANICHELLI
(Cesare E Giacomo Zanichelli)

MDCCCXCII


L'EDITORE
ADEMPIUTI I DOVERI ESERCITERÀ I DIRITTI
SANCITI DALLE LEGGI


[1]

AL POETA

ENRICO NENCIONI

QUESTO LIBRO

È DEDICATO

[3]

ELEGÌE ROMANE

(1887-1891)

[4]

Quid melius Roma?

Ovidii Ex Ponto L. P.

Eine Welt zwar bist du, o Rom; doch ohne die Liebe

wäre die Welt nicht die Welt, wäre denn Rom auch

nicht Rom.

Goethe's Römische Elegien: I.

[5]

I.

[7]

IL VESPRO

[9]

Quando (al pensier, le vene mi tremano pur di dolcezza)

io mi partii, com'ebro, da la sua casa amata,

su per le vie che ancora fervean de l'estreme diurne

opere, de' sonanti carri, de' rauchi gridi,

tutta sentii dal cuore segreto l'anima alzarsi

cupidamente, e in alto, sopra le anguste mura,

[10]

fendere l'ignea zona che il vespro d'autunno per cieli

umidi, tra nuvole vaste, accendea su Roma.

Non era in me certezza de l'ora, de' luoghi. Un fallace

sogno teneami? O tutte de la mia gioja consce

eran le cose e in torno rendevano insolito lume?

Io non sapea. Le cose tutte rendevan lume.

Tutte le nubi ardeano immote: qual sangue da occisi

mostri, rompea da' loro fianchi un vermiglio rivo.

Lieta crescea la strage per l'erte de' cieli, sì come

per infiammati boschi gesta d'immite arciero.

Agile da le gote capaci il Tritone a que' fochi

dava lo stel de l'acqua, che si spandea qual chioma.

Tremula di baleni, accesa di porpora al sommo,

libera in ciel, la grande casa dei Barberini

...

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