DISCORSO SOPRA LA CALAMITA


BULLETTINO
DI
BIBLIOGRAFIA E DI STORIA

DELLE

SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE

PUBBLICATO

DA B. BONCOMPAGNI

SOCIO ORDINARIO DELLA ACCADEMIA PONTIFICIA DE' NUOVI LINCEI
SOCIO CORRISPONDENTE DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA
DELLE R. ACCADEMIE DELLE SCIENZE DI TORINO,
E DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI MODENA
E SOCIO ONORARIO DELLA R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI BERLINO


TOMO XVI.


OTTOBRE 1883.


ROMA
TIPOGRAFIA DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE
VIA LATA N.o 3.

1883


[545]

INTORNO
AD UN
«DISCORSO SOPRA LA CALAMITA»
DEL P. D. BENEDETTO CASTELLI

Fra i molti tesori di cose edite ed inedite che si conservano nella preziosacollezione dei Manoscritti Galileiani presso la Biblioteca Nazionale di Firenze,e precisamente nella divisione quarta di tale collezione, dedicata ai «Discepolidi Galileo», è contenuto un Discorso sopra la calamita, scritto dal P.D. Benedetto Castelli[1], ed indirizzato sotto forma di lettera a MonsignoreDon Ferdinando Cesarini, prelato Romano e referendario dell'una e l'altrasegnatura[2].

Di questo Discorso non è a noi noto se non l'esemplare testè menzionato,il quale occupa le carte 191 recto usque 206 verso del Tomo I[3] della anzidettadivisione. Esso è scritto di mano ignota, con caratteri verosimilmenteappartenenti alla fine del decimosettimo secolo e non contiene alcuna indicazione,dalla quale risulti con tutta precisione il tempo nel quale la presentescrittura è stata stesa. Nulla affatto poi è a questo proposito contenutonell'indice premesso al volume che la contiene, nel quale si legge soltanto:

«Discorso inedito sulla Calamitadiretto a M.r Ferdinando Cesarini, quadernoin fog.o di pag. 16 scritto in caratteredel tempo.»

Non è tuttavia difficile l'argomentare per via di approssimazione in qualeepoca della sua vita abbia D. Benedetto Castelli stesa la presente scrittura.

Anzitutto, accennandosi in sul principio di essa ad una conversazione tenutain quei giorni con Don Ferdinando Cesarini, non v'ha dubbio alcuno che ilDiscorso, del quale ci stiamo occupando, fu steso da D. Benedetto Castelli[546]nel tempo della sua dimora in Roma, che fu dal Marzo 1626[4] al Marzo 1641[5];di più, richiamandosi in detto lavoro il Castelli ad altro suo discorso nelquale ebbe ad osservare la somma debolezza dell'intelletto umano intornoalle cose naturali ed anco geometriche, la quale «è tale che venendo noiinterrogati di qualsivoglia problema, se vogliamo rispondere per verità, edaggiustatamente, non possiamo rispondere meglio che con un sincero eschietto NON LO SO», ci sembra che con queste parole egli faccia evidenteallusione alla seconda

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