RINALDO ARDITO


Frontespizio

RINALDO ARDITO

DI

LODOVICO ARIOSTO

FRAMMENTI INEDITI

PUBBLICATI SUL MANOSCRITTO ORIGINALE

DA I. GIAMPIERI E G. AIAZZI

FIRENZE
NELLA TIPOGRAFIA PIATTI
A SPESE DEGLI EDITORI

1846.


Gli Editori intendono valersi del diritto e privilegioconcesso loro dalle veglianti leggi in materia di stampae proprietà letteraria, a danno dei contraffattori.


ALL'ACCADEMIA VALDARNESE
cui il POGGIO zelante ed acuto discopritore
di rari monumenti della sapienza latina
dava vita
QUESTE PREZIOSE RELIQUIE DEL CANTORE DEL FURIOSO
dimenticate e quasi ignote
due consoci
seguaci troppo diseguali degli studj di tanto fondatore
con grato animo intitolavano

[v]

PREFAZIONE

L'annunzio della stampa d'un'Opera deldivino Ariosto, non solo inedita, ma quasisconosciuta, e tale da essersene perfinoimpugnata da solenni scrittori la reale esistenza,ai nostri giorni in cui si è tantorovistato e tanti disotterramenti si sonfatti dalla polvere delle pubbliche e privateBiblioteche ed Archivi, parve cosa mirabilee da reputarsi quasi favolosa, oveil fatto di per se stesso non rispondesse[vi]perentoriamente. L'Opera della quale ciavvisiamo parlare è il Rinaldo Ardito[1],altro poema dell'Omero ferrarese, dettatoda esso dopo l'Orlando Furioso, e sugli ultimianni di sua vita. Ma perchè la storiabibliografica e letteraria di questo Poemaè nuova del tutto, ed alquanto intricata,non sia grave al Lettore che noi vi spendiamoquel tanto di parole che servanoa dilucidarla, ed a renderla piana ed incontroversa.Così operando, verremo asupplire al difetto del Ch. Fr. Reina Editoredel Furioso della Collezione de' Classici diMilano, il quale nel 1812 prometteva corredarequella ristampa d'un comento, edaggiungervi per la prima volta tutti i frammentidi un altro poema trovati fra cartedimenticate e già spettanti al D. GiuseppeLanzoni. Onde non conoscendo le causeche lo impedirono a dar fuori quel comento,[vii]e a pubblicare questi Frammenti,ci lusinghiamo che egli avrebbe a gradoche l'avessimo rilevato da questo secondodebito, se il cielo gli avesse concessopiù lunga vita.

Antonfrancesco Doni fiorentino, unodegl'ingegni più bizzarri e fantastici checoltivassero le lettere italiane sulla metàdel Secolo sedicesimo, fu il solo che nellaSeconda Libreria[2] palesasse ai dotti l'esistenzadel nostro Poema, con queste nudee magre parole «Lodovico Ariosto, RinaldoArdito, dodici canti.» Ma al bugiardo(ed il Doni n'avea fama ben giustificata)non è creduto neppure il vero; cosicchètutti coloro che parlarono della v

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