GINEVRA

o

L'ORFANA DELLA NUNZIATA.


... prendeva cura d'ogni istante della mia giornata,vegliava i miei sonni e preferiva la mia alla propriasua conservazione... — Carte 46.

GINEVRA

O

L'ORFANA DELLA NUNZIATA,

DI

ANTONIO RANIERI.

TERZA EDIZIONE

Ordinata e corretta dall'Autore.

Nunc demum redit animus.

Tac. Agr. III.

TORINO. MILANO.
CASA EDITRICE GUIGONI.
MDCCCLXII.


Proprietà Letterariadi

Maurizio Guigoni.


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NOTIZIAINTORNO ALLA GINEVRA.

Non si appartiene a me di giudicare questo libro.Il supremo giudice de' libri, è il tempo. Unlibro può essere tre cose: una cosa nulla, unacosa rea, una cosa buona. Il tempo risponde conun immediato silenzio alla prima; con un menoimmediato alla seconda; con una più o menocontinua riproduzione alla terza. E il suo giudizioè inappellabile.

Nondimeno, poichè fu sì fitto e sì lungo il silenzioin cui ci profondarono i nostri confederatitiranni, da potersi veramente affermare, che solamentepochissimi, non modo aliorum, sed etiam[10]nostri, superstites sumus, parmi indispensabile cheil nuovo lettore non ignori la storia del libro ch'oragli viene innanzi.

Fra il 1830 e il 1831, esule ancora imberbe,capitai in Londra, o, più tosto, mi capitò in Londraalle mani un aureo lavoro d'un altro esule,assai più riguardevole e provetto di me, il conteGiovanni Arrivabene: nel quale egli mostravapartitamente tutto quanto quella gran nazione hatrovato, in fatto di pubblica beneficenza, per lenire,se non guarire del tutto, quelle grandi piagheche le sue medesime instituzioni le hannoaperte nel fianco.

Alcuna volta, il cortesissimo autore, più di frequente,il suo giudizioso volume, mi fu guida escorta nelle mie corse per quegli ospizi. Ed allettatoda sì generosa mente a sì generosi studi,li perseverai per quasi tutta Europa, e preparaie dischiusi l'animo a quei grandi dolori, ed a quellepiù grandi consolazioni, che l'uomo attinge, respettivamente,dallo spettacolo de' mali de' suoi fratellipiù poveri, e da quello delle nobilissime fatichee de' quasi divini sforzi di coloro che siconsacrano a medicarli.

Surse finalmente per me il grande νόστιμον ἤμαρ,il gran dì del ritorno.

Mia madre (quel solo tesoro d'inesausta gioiae d'implacato dolore, secondo che il Fato lo concede[11]o lo ritoglie al mortale) non era più. Essaaveva indarno chiamato a nome il figliuolo nell'orasuprema, che l'era battuta ancora in fiore.E quel bisogno di effondersi e di amare, che,secondo l'antica sapienza, dove non ascenda odiscenda, si sparge a' lati e si versa su i fratelli,mi rimenò a' più poveri di essi, negli ospizi...negli ospizi di Napoli, che s'infor

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