MONOTONIE
VERSI
DI
OTTONE DE BANZOLE
(ALFREDO ORIANI)
IN BOLOGNA
PRESSO NICOLA ZANICHELLI
MDCCCLXXVIII
Signora
Il vostro nome era una virtù, lavostra vita un capriccio, la vostramorte fu un martirio. Questo libroche mi chiedeste un giorno col più spensieratodei vostri sorrisi lo depongo oggi sulla vostratomba; non lo leggerete; se foste viva non virisovverreste più nè del poeta, nè dell'uomo.
Ottone de Banzole.
Là dove altra volta l'artista disperò,là cominciarono la politicae la filosofia; là dove oggi il politicoed il filosofo disperano, làricomincia l'artista.
Riccardo Wagner.
[1]
[3]
Vien qui, divina
bionda fanciulla dalla fronte pallida:
vieni e ti china
sull'infelice che t'amava incognito.
Dalla finestra
non veggo il sol, ma sento che dilegua...
Oh! la tua destra
mi pon sul capo, ancor morir non voglio;
[4]
e se tramonta
il caldo sole e, qual nella miseria
amico, pronta
fuggi la giovinezza e sul giaciglio
dell'ospedale
imputridisco — tu, severa monaca,
l'ultimo vale
del poeta deliba ed egli un bacio.
Lo so, che puro
come la neve delle alpine guglie
un sacro giuro
vuole il tuo corpo dall'amor degli uomini;
che uno schifoso
male mi cruccia e sul sembiante gonfio
e sanguinoso
abbuia l'idëal luce dell'anima.
[5]
Ma sovrumano
m'urge il bisogno di un tuo santo bacio:
vergin, la mano
ponmi sul capo e vuo' parlarti. Splendida
una mattina,
dalla triste soffitta uscivo all'aria
pura; la brina
di ricami vestiva i nudi platani
del gran viale —
ed io sognava una passione incognita,
una spirtale
beltà di donna qual non era e d'angelo,
candida, mesta
voluttuosa e alteramente vergine.