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BIBLIOTECA AMENA

AD UNA LIRA IL VOLUME

15 Ottobre 1905. —N. 691— 15 Ottobre 1905.

ANTON GIULIO BARRILI

Il Ritratto del Diavolo

ROMANZO

  MILANO—FRATELLI TREVES, EDITORI—MILANO
  Via Palermo, 12, e Galleria Vittorio Emanuele, 64 e 66

  ROMA: Libreria Internazionale, Corso Umberto I, 174.
  NAPOLI: via Roma (già Toledo), 34 TRIESTE: presso G. Schubart
  BOLOGNA: presso la Libr. Treves, di L. Beltrami, Angolo Via Farini.
  LIPSIA, BERLINO, VIENNA: presso F.A. Bruchhaus.

QUARTO MIGLIAIO

IL RITRATTO DEL DIAVOLO

I.

Lettori gentili, siete mai stati ad Arezzo? Se non ci siete mai stati,vi prego di andarci alla prima occasione, anche a costo di farlanascere, o d'inventare un pretesto. Vi assicuro io che miringrazierete del consiglio. La Val di Chiana è una tra le più amene ele più pittoresche "del bel paese là dove il sì suona". Anzi, undilettante di bisticci potrebbe sostenere che il è nato proprioin Arezzo, poichè fu aretino quel monaco Guido, a cui siamo debitoridella scala armonica. Ma, a farlo apposta, Guido d'Arezzo non inventòche sei note, dimenticando per l'appunto di inventare la settima.Forse, ribatterà il dilettante di cui sopra, Guido non ha inventato ilsi, perchè questo era già nella lingua madre, o il brav'uomo nonvoleva farsi bello del sol di luglio. Comunque sia, andate in Val diChiana e smontate ad Arezzo. La città non è vasta, ma che importa? IlGuadagnoli, che era d'Arezzo, pensava forse alla sua terra, quandodiceva ad una graziosa dama:

    Signora, se l'essere
      Piccina d'aspetto
      Vi sembra difetto,
      Difetto non è.

A buon conto, la città è piccola, ma ci ha le vie larghe, pulite e benselciate, il che non si trova mica da per tutto; possiede molte edinsigni opere d'arte, un prefetto, un vescovo, due buoni alberghi e uncaffè dei Costanti, che vi dà subito l'idea di una popolazioned'innamorati. La qual cosa non mi farebbe punto specie, poichè learetine son belle di molto, tanto da far dimenticare perfino i grandiuomini che son nati in Arezzo, da Mecenate, amico d'Augusto, aFrancesco Redi, amico del vino.

Frattanto, lettori gentili, venite in Arezzo con me. Non ci si va colvapore, ma a cavallo, perchè siamo cinque secoli addietro; si passauna delle quattro porte della città, che è cerchiata di mura per ungiro di tre miglia, e si scende alla bottega di mastro Jacopo daCasentino.

Dico bottega, per andare coi tempi; ma oggi si dovrebbe dire studio,perchè mastro Jacopo da Casentino era un pittore, e meritamenteannoverato tra i migliori del suo tempo. Era nato a Prato vecchio,nella famiglia di messer Cristoforo Landino, e il nome patronimico loaveva avuto da un frate di Casentino, guardiano al Sasso della Vernia,che l'aveva preso a ben volere, e, vedendo la sua inclinazioneall'arte del dipingere, lo aveva acconciato con Taddeo Gaddi, neltempo che questo valoroso scolaro di Giotto era a lavorare nel suoconvento.

Sotto la scuola di mastro Taddeo, il giovinetto Jacopo avevaprofittato grandem

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