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LUIGI GUALDO

LENOSTALGIE

TORINOF. CASANOVA, EDITORE

1883

LE NOSTALGIE

I.

. . . . .

*

Invitte stanno le superne cime
  Ancor dal genio umano inesplorate;
  Noi, nell'ore moderne scolorate,
  Dimentichiamo i mali della vita
  Cercando intorno le dorate rime.

Le cerchiamo nell'anima ferita
  E nell'azzurra terra ove si sogna,
  Le cerchiamo nel ver, nella menzogna,
  Nella brama d'un'estasi incompita,
  Nel rimpianto dell'uomo, in quel che agogna.

Facciamo scaturire una fontana
  Dalla sabbia—e dal mal la Poesia,
  Poichè l'evocatrice fantasia
  Che non ha culla e che non ha confine,
  Dovunque regna e da ogni cosa emàna.

E nel suo regno non vi son più spine,
  Non v'è di luce un troppo caldo raggio…
  Spira sempre una blanda aura di maggio,
  Simile a un soffio di spiaggie divine
  Che spande oblìo sovra il terren viaggio.

E là talor dell'immenso poema
  Qualche verso ne dice il rio, lo stelo;
  Sorge dal suolo una nota di cielo,
  Un lampo guizza allo sguardo abbagliato
  E intravediam la verità suprema.

Nell'oscuro desir del nostro fato,
  Cui sol misterïoso Amore schiara,
  Invan cerca lo spirito assetato
  Il ver celato dalla sorte avara.
  —E forse il nostro sogno è il meno errato.

È il metro stesso che la mente ispira,
  E quando in noi sentiam lo sconosciuto
  Poter, che tutto intorno a noi fa muto,
  Oh l'ascoltiam! Che forse s'ode il vero
  Da una corda ancor muta della Lira.

Forse nel ritmo è chiuso ogni mistero
  E nella Forma è la suprema legge,
  Forse un concerto l'universo regge,
  E nelle norme d'un divin pensiero
  Ogni stella pel ritmo si sorregge.

Non sveliamo i dolor, l'ire, le piaghe,
  Davanti al volgo indifferente, o lieto
  Del duolo nostro, ignaro del segreto.
  Oh nol cantiamo! Chè noi siam gli eletti,
  I soli accolti alle lucenti plaghe.

Soli sediamo ai magici banchetti
  E soli entriamo per le argentee porte;
  Per noi le antiche dee sono risorte,
  Tutto miriamo sotto arcani aspetti,
  Cantiam la vita e scrutiamo la morte.

Intrecciamo le gemme alle ghirlande,
  Voghiam sul mare verso l'orizzonte,
  Fin lontano lasciam le nostre impronte,
  Carichi di tesor, di spoglie opime,
  L'arte seguiamo paurosa e grande!

Noi ritorniamo vêr le cose prime,
  Tentiam svelare ciò che in noi si muove,
  Le nostre gioie le troviamo dove
  Brillano chiare le dorate rime,
  Nella purezza delle forme nuove.

* *

Così, talvolta, quando il bianco foglio
  S'annera, e i versi sgorgali dalla penna,
                         Vedo una fulgida
  Mèta e la Musa che col gesto accenna,
  E il cor mi batte per rinato orgoglio.

Tutto risplender parmi ne

...

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